Romi's blog
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domenica 4 dicembre 2011
venerdì 25 novembre 2011
Un raggio di protoni per curare i tumori
A Pavia, il primo paziente trattato con l'adroterapia ha terminato il ciclo di trattamento
Quando si parla di fasci di protoni
si pensa ai grandi acceleratori di particelle utilizzati per indagare
le proprietà della materia. Invece vengono molto spesso impiegati in
medicina come nel caso della cosiddetta terapia adronica, o adroterapia, una tipologia di radioterapia che impiega fasci energetici di protoni, neutroni o ioni carichi positivamente.
Tra i centri all’avanguardia in questo settore della cura dei tumori figura il Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao) inaugurato a Pavia a febbraio 2010, ideato dal fisico Ugo Amaldi e voluto da Umberto Veronesi. Qui, si è concluso nei giorni scorsi il primo ciclo di cure per un paziente affetto da un tumore raro alla base della testa.
La terapia adronica agisce attraverso un acceleratore di particelle, un sincrotrone, messo a punto dall’Istituto italiano di fisica nucleare. L’apparecchio a struttura circolare genera ioni di carbonio e protoni (adroni) che vengono girare nel sincrotrone a un decimo della velocità della luce, nella fase iniziale, e mantenute in traiettoria da un campo magnetico. Gli adroni vengono poi accelerati tramite un campo elettrico, fino a compiere un milione di giri in mezzo secondo.
A questo punto le particelle verso indirizzate verso il loro bersaglio, ovvero il tumore, con una precisione sub-millimetrica. Ciò che differenzia l’adroterapia è dunque la possibilità di colpire il tumore in modo “intelligente”, in modo mirato, penetrando a fondo nella neoplasia e preservando i tessuti sani.
A livello mondiale questo tipo particolare di terapia è impiegata in nei casi di tumori difficili da raggiungere con la chirurgia oppure resistenti alle cure tradizionali. l’adroterapia non sostituisce comunque la radioterapia convenzionale,
ma vuole essere un’arma in più a disposizione di medici e pazienti. Il
Centro nazionale di adroterapia oncologica di Pavia entrerà a pieno
regime a partire dal 2013 e, secondo le stime, curerà curare circa 3.000 pazienti l'anno.
Il resoconto del primo trattamento è stato illustrato da Roberto Orecchia, direttore scientifico del Cnao, in occasione del congresso nazionale dell’Associazione italiana di radioterapia oncologica, che si è svolto a Genova dal 19 al 22 novembre
sul canale chimica
DOSSIER : Goldman Sachs: tutto sulla "SUPERBANCA"
da 1 trilione di dollari
L'anonimo edificio color ruggine al numero 85 di Broad
Street, nella parte bassa di Manhattan, non sembra un posto che valga la pena
di fermarsi a guardare, ed è proprio quello che piace a coloro che ci lavorano.
Gli uomini e le donne che in un piovoso mattino vi sbarcano nella tipica tenuta
di Wall Street - abiti scuri, ventiquattrore e BlackBerrys – sono molto
riservati. Vanno rapidamente dalle Lincoln nere all'edifico attraversando
praticamente il nulla: nessuna targa sulla facciata o indicazione nel
vestibolo, nulla che permetta di collegare il sorvegliante armato all'esterno
con l'attività svolta all'interno. C'è un buon motivo per tutta questa
segretezza: il numero 85 di Broad Street, New York, NY 10004, è dove ci sono i
soldi, tutti i soldi.
E il miglior posto per produrre denaro che il capitalismo
globale sia mai riuscito a immaginare e, dicono molti, è una forza politica più
potente di qualsiasi governo. La gente che lavora oltre le porte vetrate fa più
soldi di molti stati. I beni ammontano complessivamente a 1 trilione di
dollari, le entrate annuali sono dell'ordine di decine di miliardi, i profitti,
vari miliardi, vengono generosamente ridistribuiti all'interno.
In quest'anno di crisi lo stipendio medio di ciascuno dei
30.000 dipendenti dovrebbe raggiungere la cifra record di 700.000 dollari, con
picchi di varie decine di milioni (centinaia di migliaia di volte più di un
inserviente della stessa impresa). E quando avranno finito di diventare
"schifosamente ricchi a 40 anni", i funzionari non si ritroverebbero
in brache di tela nemmeno se l'attività dovesse andare a carte quarantotto;
verrebbero paracadutati in uno dei prestigiosi posti politici negli USA o
all'estero, facendo nascere il sospetto che "governino il mondo". Il
numero 85 di Broad Street è la sede della Goldman Sachs.
La più famosa banca d'investimenti si nasconde dietro la
piena di denaro che genera e fa piombare su Manhattan, sulla City di Londra su
e buona parte degli altri capitali finanziari in tutto il mondo. Ma adesso i
maghi occulti dell'impero bancario sono obbligati a esporsi alla fredda luce
del giorno. Pubblico, politici e stampa ritengono che la crisi creditizia sia
la conseguenza delle spericolate attività di trading delle banche e in primo
luogo della Goldman, quella di più successo tra le sopravvissute. Politici e
commentatori fanno a gara per denunciare la Goldman con termini sempre più
pesanti: "ladri tra i ladri", "vandali economici",
"capitalisti di rapina". Vince Cable, portavoce del Lib Dem Treasury,
confronta i recenti eccezionali risultati della banca (un profitto di 3,2
miliardi di dollari solo nel quarto trimestre) e i previsti bonus con la
situazione lavorativa e le entrate della gente comune nel 2009.
Negli USA la situazione è ancora peggiore. La rivista
Rolling Stone ha pubblicato un articolo che descrive la Goldman come
"un'enorme sanguisuga che succhia incessantemente sangue se solo sente
odore di soldi". Nel suo ultimo documentario (Capitalism: A Love Story),
Michael Moore si presenta al numero 85 di Broad Street con un furgone
portavalori, tira fuori un sacco contrassegnato da un enorme dollaro, si volge
verso l'edificio e urla: "Siamo qui per riprenderci i soldi dei cittadini
americani!".
Di colpo la reputazione della Goldman è diventata ancora più
tossica degli swap e degli altri incomprensibili strumenti finanziari, e questo
danneggia gravemente qualcosa che la banca considera al di sopra di tutto: gli
affari. La Goldman, principale obiettivo della rabbia popolare e dei politici,
e potenziale prima vittima di nuove regole draconiane, ha quindi deciso a
malincuore che è arrivato il momento di parlare e combattere. Ed ecco perché,
in una luminosa mattinata autunnale in cui tutto sembra possibile – anche un
invito a pranzo con i padroni dell'universo – mi sono ritrovato a passare
dinanzi alla guardia che aveva bloccato Michael Moore e ad entrare
nell'edificio senza nome.
"Ah! Ci ha sorpreso a complottare in tempo reale",
dice Lloyd Blankfein, staccandosi da un gruppo di alti dirigenti che stanno
discutendo il suo viaggio a Washington del giorno precedente. Blankfein, 55
anni, presidente e CEO della Goldman, abito scuro e vivace cravatta di Hermès
ornata con piccole biciclette rosse, e ha tra le mani un'enorme tazza di caffè.
Forse è la caffeina, o forse la cravatta (un regalo d'anniversario di sua
figlia), certo è che è in forma perfetta per uno che tutti sembrano odiare.
"Qui è come un safari", scherza, "e lei è venuto a osservare gli
animali".
Blankfein potrebbe essere il Dio Sole di Wall Street, ma con
l'attuale tempesta economica non ci tiene a farlo sapere, e qualsiasi segno di
status symbol o, orrore!, ostentazione viene cancellato dalla sua vita, almeno
pubblicamente. Prendiamo ad esempio il suo ufficio al 30° piano: le sedie sono
le stesse di quando diventò CEO tra anni orsono, non c'è traccia dei tappeti
tessuti a mano da 87.000 dollari o dei cestini per rifiuti da 5.000 dollari che
fanno parte della tradizione di Wall Street, nessun segno di esuberanza
irragionevole. Solo caffè, che arriva freddo. Il giusto tono per il lavoro in
corso. Il grande mago di Wall Street si sta preparando per la più difficile
vendita della sua vita: è qui per esaltare il buon vecchio capitalismo, le
banche d'investimento, e la Goldman Sachs.
Fortunatamente per lui, e per la sua impresa, è un venditore
maledettamente in gamba. Comincia con un tono umile: si rende conto che
"la gente ne ha le palle piene, è incavolata, da fuori da pazza" per
il modo d'agire delle banche. La Goldman ha una parte di colpa per gli
sconvolgimenti che hanno quasi distrutto il sistema finanziario mondiale: come
molte altre banche ha prestato troppo denaro, per la prima volta in oltre dieci
anni l'anno scorso ha registrato un trimestre in perdita e ha finito col
prendere in prestito da Washington capitali bail-out. "Lo so che se mi
spaccassi il collo la gente gioirebbe" aggiunge. Ma poi passa pian piano a
difendere la funzione del sistema bancario moderno. "Svolgiamo una
funzione fondamentale" sostiene, smettendola di autoflagellarsi.
"Aiutiamo le aziende a raccogliere capitale e a crescere. E le aziende che
crescono creano ricchezza, che a sua volta permette alla gente di trovare posti
di lavoro, e questi generano a loro volta altra crescita e altra ricchezza. È
un circolo virtuoso". Per rendere inattaccabile il suo punto di vista, fa
un'affermazione sorprendente: "Svolgiamo una funzione sociale".
Funzione sociale? Tutti quelli che hanno perso il lavoro o
si sono visti decurtare gli stipendi, grazie alle banche che avevano rifilato
loro ipoteche sospette e prospettato investimenti talmente complessi che
nemmeno chi li vendeva sapeva di cosa si trattava, sarebbero ben contenti di
spiegargli dove ficcarsi i suoi scopi sociali. Blankfein è un ottimo
propagandista della creazione di ricchezza; ma della sua ricchezza. Non è il
ricco rampollo che tesse elogi del capitalismo selvaggio dal suo ovattato nido
d'aquila al 30° piano; nato nel duro quartiere del Bronx da un impiegato
postale e una receptionist, fu il primo nella sua famiglia a frequentare le
scuole superiori ed entrò ad Harvard grazie all'aiuto finanziario ricevuto.
Anche se si è assegnato uno stipendio annuale superiore a
quello che quasi tutti noi potremmo mai sperare di ricevere (68 milioni di
dollari nel solo 2007, un record tra i CEO di Wall Street, e oltre 500 milioni
di dollari in azioni della Goldman) continua a definirsi "un semplice
lavoratore".
Ma se parlassimo dei capi d'accusa? I banchieri hanno portato
il mondo sull'orlo della bancarotta, e invece di fare l'unica cosa giusta,
buttarsi dalla finestra, hanno implorato i governi per riuscire a succhiare i
soldi dei contribuenti e farla franca. Ora, esattamente un anno dopo, si
comportano come se non fosse accaduto nulla: giocano e vincono coi nostri
risparmi. Nel secondo trimestre i profitti della Goldman hanno raggiunto la
cifra record di 3,4 miliardi di dollari, in buona parte guadagnati negoziando
azioni, valute e beni patrimoniali.
La Goldman ha ricominciato a farlo per due buoni motivi: in
primo luogo perché i mercati globali sono in netta ripresa (un recupero del 50%
dai minimi toccati con la crisi creditizia, grazie ai nuovi capitali, in buona
parte pubblici, immessi nei circuiti finanziari), e in secondo luogo perché –
con Lehman Brothers e Bear Stearns fuori gioco, Merrill Lynch una pallida ombra
di se stessa, Citigroup e UBS senza la potenza di un tempo – la banca ha ora
messo le mani su una fetta più grande della torta. "Ce ne f*** dei
concorrenti. Abbiamo di nuovo un bilancio florido e un gruzzolo più grande e
ricco da spartirci"; è così che i banchieri della Goldman presentano la
situazione. Non c'è da stupirsi se la banca sta accantonando oltre 20 miliardi
di dollari da distribuire in stipendi e bonus.
Giusto e lucrativo. Ma non sarà invece piuttosto ingiusto?
La Goldman non sta per caso agendo come l'equivalente moderno dei pescecani di
guerra, avvantaggiandosi della crisi globale e delle misure di emergenza dei
governi per rastrellare milioni? Persino l'esperto finanziere George Soros
sostiene che gli enormi profitti delle banche di Wall Street sono "regali
mascherati" dello stato.
Blankfein respinge l'insinuazione che la Goldman abbia avuto
bisogni di capitali a fondo perduto e, per estensione, rifiuta l'idea che la
società stia ora approfittando dell'aiuto pubblico. Certo, ha ricevuto 10
miliardi di dollari dal programma Tarp (Troubled Asset Relief Program) di
Washington, ma ha già rimborsato la somma con un sostanzioso interesse del 23%.
La Goldman ha inoltre tratto vantaggio dal salvataggio federale della grande
assicuratrice statunitense AIG, con la quale aveva sottoscritto assicurazioni
per 20 miliardi di dollari, ricevendo in cambio miliardi di dollari (forse 13)
quando Washington ha trasferito 90 miliardi nelle casse del traballante
gigante. Blankfein insiste nel dire che la Goldman era protetta dalle perdite
dell'AIG nel miglior modo possibile, con fondi liquidi, e che in caso di
fallimento dell'assicuratrice non ne avrebbe quindi sofferto; ma i critici
dicono che se l'AIG fosse scomparsa dalla scena l'intero sistema finanziario
sarebbe imploso, trascinando nel baratro anche la banca. Ma c'è di più; in
piena crisi la FED ha infranto una tradizione vecchia di 80 anni e ha permesso
alla Goldman di trasformarsi da banca d'investimenti in holding bancaria, e di
ottenere quindi prestiti agli stessi bassi tassi d'interesse concessi alle
banche commerciali. Blankfein afferma che la Goldman ha cambiato statuto non
per problema di soldi ma perché, dopo il collasso della Bear Stearns e della
Lehman, era evidente che il mercato non credeva più nella capacità dell'US
Securities and Exchange Commission di regolamentare le banche d'investimento.
Essere controllata dalla FED avrebbe aiutato a ristabilire la fiducia
nell'intero sistema finanziario.
Indipendentemente dalle vere ragioni alla base della
decisione, nemmeno il più fanatico sostenitore della Goldman può negare che
solo grazie all'aiuto pubblico esiste ancora un sistema finanziario in cui la
banca può continuare a operare. Washington ha sostenuto l'economia e le banche
statunitensi con oltre 12 trilioni di dollari. Veramente Blankfein non si rende
conto che per quasi tutti noi è esasperante vedere la Goldman rastrellare tanto
denaro mentre dobbiamo barcamenarci per arrivare a fine mese? Al contrario,
insiste nel dire che dovremmo gioire per i successi della banca, non
condannarli. "Francamente, tutti dovrebbero essere contenti"
sostiene. Parla seriamente? Incredibile. I risultati della Goldman, argomenta,
sono il segnale più chiaro di un nascente recupero economico che avvantaggerà
non solo lui e la sua banca ma tutti noi "Il sistema finanziario ci ha
trascinato nella crisi e adesso ce ne tirerà fuori".
Blankfein si lancia in un'altra affermazione altrettanto
audace. Dovremmo essere contenti che la Goldman abbia ricominciato a elargire
compensi faraonici. La banca non deve rispettare il tetto massimo sui bonus
deciso dal presidente Obama, perché ha rimborsato in liquido i fondi bail-out a
suo tempo ricevuti; poter offrire i migliori stipendi per assumere e mantenere
i migliori banchieri non affosserà il sistema ma anzi lo salverà. Uno stipendio
legato ai risultati garantisce un'attività responsabile di alto livello:
"Se guarda le nostre norme sui compensi, noterà che c'è sempre stata una
la perfetta corrispondenza tra livello di compensi e risultati nel lungo
periodo. Altri registravano perdite ma pagavano lo stesso bonus rilevanti; ora
sono in parte scomparsi dal mercato, e si capisce perché".
Molti non sono d'accordo, e ritengono che nell'attuale
piatto panorama economico, i compensi faraonici non sono più necessari. Lucian
Bebchuk, professore di legge, economia e finanza alla Harvard Law School,
sostiene: "Attualmente per le banche è più facile evitare che i propri
dipendenti vengano allettati da altre offerte. Ci sono opportunità meno
interessanti che nel 2007".
D'accordo, dimenticate, se ci riuscite, i fondi bail-out, i
bonus, i capitali rapinati. Ma sicuramente Blankfein non può ignorare la tesi
dell'editorialista David Hare. Nel suo scritto più recente, Hare considera una
forma di "ricatto" sostenere che non c'è recupero possibile se non
lasciamo ai banchieri la libertà di continuare ad agire come hanno sempre fatto
e a premiarsi con somme illimitate. È quello che sostennero i minatori negli
anni '70, solo che questa volta al posto della National Unio n of Mineworkers
ci sono la City e Wall Street. Blankfein non ha tempo da perdere con discorsi
di questo tipo: i banchieri non sono minatori. "Ho questo da dirvi"
sibila mentre gli occhi si riducono a una fessura "se crolla il sistema
finanziario crolla anche la nostra attività, e, mi creda, in tal caso crollerà
anche la sua attività e quella di qualsiasi altro cittadino".
Come un paziente che è uscito dal coma, per Blankfein la
crisi creditizia è servita solo a rinforzare la sua passione per far soldi.
Parlare con lui è come parlare con qualcuno nelle cui vene scorrono dollari,
non sangue; crede fermamente di essere bravo in quel che fa e che quel che fa è
intrinsecamente buono. Ed ha i suoi sostenitori: nella lista New Establishment
2009, Vanity Fair gli ha assegnato l'ambito primo posto, dinanzi a figure come
Steve Jobs, alla guida di Apple, o Sergey Brin e Larry Page, i fondatori di
Google. Altri, ad esempio l'editorialista del New York Times Andrew Ross
Sorkin, sostengono che il pubblico non può "avere tutto e il contrario di
tutto"; nel pieno della crisi dell'ultimo anno, ricorda Sorkin "molti
incrociarono le dita e si augurarono che la Goldman e i sopravvissuti di Wall
Street venissero salvati per arrestare la caduta, e adesso che le banche sono
finalmente di nuovo in grado di funzionare normalmente le vorrebbero di nuovo
nella polvere".
Che siate o meno d'accordo, un fatto è certo: "la
tenace G" sembra avere in mano le carte vincenti nei momenti buoni ma
anche, lo abbiamo visto in tempi recenti, in quelli cattivi". Rimane solo
una semplicissima domanda: come fa? Qual'è la sua ricetta segreta? Per cercare
di trovare la risposta dovete lasciare l'ufficio di Blankfein e scendere al 17°
piano. Strada facendo potrete ascoltare i banchieri d'investimento, i trader,
gli strateghi e i quantisti (i cervelloni matematici che creano fantastiche
formule) che parlano di "tassi d'interesse degli swap", "default
no credit", "opzioni exotic e vanilla", "differenziali
lettera/denaro", "bund", "bobl" e Dio solo sa cosa
ancora.
Quando passate dinanzi all'85 di Broad Street non potete naturalmente vedere i soldi fluttuare, ma potete
sentirli spostarsi giorno e notte tra banca centrale, banche commerciali e
d'investimento, grandi aziende, oligarchi sovietici, operatori mediorientali e
sceicchi, petrolieri texani e anonimi milionari nelle Bermuda e nelle isole
Cayman.
In un ufficio con una macchia d'inchiostro sul tappeto,
lavora Liz Beshel, il primo ingrediente fondamentale della mistura segreta
della Goldman. La banca assume solo il meglio in assoluto, e non ce ne sono
molte come Beshel. Madre nubile di 40 anni, parla a una tale velocità e con una
tale conoscenza dei segreti dei mercati finanziari che in pratica ci vuole una
laurea della Harvard Business School per seguire il filo del suo discorso.
Reclutata dalla Goldman quando era ancora all'università, si organizzò per
prepararsi a un MBA della Columbia University di New York "nei fine
settimana". Proprio come voi. Avanzò rapidamente nella gerarchia della
banca d'investimenti e divenne il più giovane tesoriere generale nella storia
della banca. Oggi sorveglia ogni sterlina investita dalla banca, ogni yen
prestato, ogni dollaro che entra o esce dal bilancio; almeno un trilione di
dollari al giorno. Quanti soldi possiede la banca in questo momento? chiedo.
"164,2 miliardi di liquido o equivalente", risponde senza fermarsi un
solo istante a tirare il fiato.
È proprio grazie a persone come Beshel che la Goldman Sachs
non solo dispone di un così grosso capitale ma è anche capace di sfruttarlo.
Ogni giorno lo staff soppesa attentamente i beni della banca, fino all'ultimo
centesimo, ed esamina con rigore clinico perdite e profitti. La banca è così in
condizione d'individuare, con chiarezza e rapidità, le tendenze dei mercati, e,
afferma, di gestire i rischi meglio di quanto possono fare quasi tutti gli
altri istituti di credito. "Riteniamo che le nostre decisioni sono le
migliori" sostiene Beshel, e ci sono prove a favore di questa
affermazione. Prendiamo, ad esempio il settore dei subprime, la bomba
creditizia tossica che ha dato il via alla crisi economica. Un anno prima che
gli avventati prestiti immobiliari distruggessero Lehman e Bear Stearns,
costringessero a un matrimonio di convenienza tra Merrill Lynch e Bank of
America e tra HBOS e Lloyds, e trasformassero la Royal Bank of Scotland in una
barzelletta, le valutazioni quotidiane della Goldman avevano evidenziato
sofferenze modeste e per non più di una settimana.
Nella maggior parte delle
banche le perdite sarebbero passate sotto silenzio o sarebbero state
considerate un incidente di percorso; invece la Goldman organizzò una riunione
degli alti vertici per cercare di capire cosa stava succedendo. Anche se i
mercati immobiliare e creditizio erano ancora in piena effervescenza, la banca
non apprezzò la situazione e cominciò a ridurre le esposizioni. Quando esplose
la crisi creditizia le sue perdite nel settore dei mutui ammontarono a soli 1,7
miliardi di dollari, meno di qualsiasi altra grande banca d'investimenti (la
UBS perse 58 miliardi di dollari).
Essere più furbi della maggior parte dei banchieri è una
cosa, ma per lavorare alla Goldman bisogna lavorare ancora più duramente.
Chiedetelo a Sarah Smith, una cinquantenne ex studentessa della Bromley (Kent)
che lasciò il Regno Unito per diventare capo contabile. "È la cultura del
tempo pieno" sostiene "Quando c'è bisogno di voi, dovete essere
disponibile. E se quando c'è bisogno di voi non rispondete al telefono, non ci
sarà più bisogno di voi per molto ancora".
L'anno scorso Smith, il cui ufficio è a un tiro di schioppo
dall'Embassy Suites, l'albergo dove lo staff della Goldman va a riposare per
qualche ora dopo aver lavorato fino al punto da cominciare a dormire in piedi,
ha preso solo pochissimi giorni di congedo. Quanti giorni di vacanza può
prendere ogni anno? " Non lo so. Nessuno in realtà lo sa perché nessuno li
può sfruttare tutti".
La brutale etica lavorativa consente alla Goldman di essere
in vantaggio al momento di accaparrarsi i clienti migliori, e con più soldi. Un
esperto dirigente della banca spiega "Sin dall'inizio venite programmati a
rendere più degli altri, a vedere più gente: clienti o partner dei diversi
fondi". Lo staff viene inoltre addestrato a un severo "lavaggio di
cervello" dei clienti e dei contatti. "Chiedete quale è stato il loro
migliore affare e come vedono il mercato, dice uno "offrite in cambio qualcosa,
ma ottenete sempre di più in cambio. Poi diffondete l'informazione tra i
colleghi che si mettono al lavoro per sfruttare l'informazione e fare
soldi". Altre banche non dispongono di queste buone informazione, e se i
singoli banchieri le hanno tendono a non condividerle, perché le considerano
una potente arma da usare a proprio esclusivo vantaggio. "La Goldman non
lavora in questo modo" continua il dirigente "Domina uno spirito di
corpo". O come preferisce dire un banchiere rivale "Sono una furba
banda di teppisti".
Dane Holmes - 39 anni, 185 centimetri, 130 chili, ex
giocatore di basket-ball – è il responsabile dei rapporti con gl'investitori.
Da l'impressione di poter travolgere chiunque si trovi sulla sua strada – e
persino un solido muro! Ma sostiene: "Non è così che lavora la Goldman.
Agendo da solo potrete avere uno splendido futuro come banchiere, ma non qui.
Il sistema elimina coloro che non sono capaci di operare in gruppo".
Quando la Goldman persegue un obiettivo, tutti i componenti
del team hanno la loro parte da svolgere. Prendete quest'articolo. Quando la
banca ha accettato l'intervista non è stato facile trovare un alto dirigente da
intervistare. Michael Sherwood, 44 anni, corresponsabile europeo, è rientrato,
via Mosca, dalla riunione del FMI a Instabul al quartier generale di Londra per
un'intervista di 40 minuti, prima di ripartire per incontrare alcuni clienti
del Golfo.
L'idea del lavoro in gruppo arriva in alto. La Goldman non è
un partner privato (è diventato pubblico una decina di anni orsono) ma i capi
lavorano duro per far passare un approccio familiare "ci siamo dentro
anche noi". Altri dicono che sembra piuttosto un culto, ma viene
considerato un complimento. Alcune procedure sono perfettamente logiche. I
bonus, ad esempio, non sono legati alle prestazioni personali, come in molte
altre banche, ma a quelle della banca nel suo insieme, e i partner ricevono a
una buona percentuale delle remunerazioni in azioni che possono vendere solo
quando lasciano la Goldman. Viene così eliminata quella che Dina Powell, la
trentaseienne d'origine egiziana a capo del ramo filantropico della Goldman,
chiama gli "stronzi egomaniaci" che potrebbero essere tentati dall'idea
di operare allo scoperto nella speranza di ottenere bonus più elevati.
Altre procedure sono inquietanti. Lo staff è costretto ad
ascoltare la posta vocale protetta mattino, mezzogiorno e sera per gli ultimi
consigli di Blankfein e Eileen Dillon, il quarantottenne ufficialmente
responsabile delle operazioni dell'ufficio operativo ma ufficiosamente
consigliere. La Goldman è la maggior utilizzatrice di posta vocale al mondo e
le informazioni vanno dalle ultime cifre su perdite e profitti al rapporto su
quello che i responsabili operativi dei principali clienti hanno detto a
Blankfein e ai suoi collaboratori a colazione, o a istruzioni tipo "in
nome del cielo, staccate tutto in vacanza".
Cosa spinge persone tanto brillanti da poter fare qualsiasi
cosa vogliano a lavorare giorno e notte per la banca? Il denaro, naturalmente.
Non a caso la Goldman Sachs è soprannominata "Goldmine Sachs" (la
miniera d'oro Sachs). C'è tanta ricchezza in giro che in un anno normale un
buon partner di una banca d'investimenti ricava sui 3,5 milioni di dollari, un
buon trader tra i 7 e i 10 milioni, e un membro del comitato di gestione tra i
15 e i 25 milioni. Nel 2008, 953 dipendenti hanno ottenuto bonus di almeno 1
milione di dollari. Blankfein ha un bel dire che è ancora un semplice lavoratore,
ma possiede un appartamento da 30 milioni di dollari in Central Park West e una
villetta di 600 metri quadrati a Hamptons, il ritrovo estivo dell'elite di New
York. Un ex banchiere della Goldman descrive la cultura d'impresa
"totalmente ossessionata dal denaro. Ero come un asino dinanzi al quale
veniva fatta ondeggiare la più grossa e appetitosa carota che si possa
immaginare. I soldi sono il parametro per misurare il vostro successo, e c'è
sempre spazio per accumularne ancora di più: se non state pensando a una casa
più grande o a una barca più lunga state rimanendo indietro. È come una
droga". Droga è la parola che usa anche Sherwood, che sa di cosa parla: è
al suo secondo super yacht dal costo di vari milioni di sterline. "Mi
piacciono le barche" ci dice. Non i velieri, le barche. È il suo modo per
mettersi sulla stessa lunghezza d'onda di Sir Philip Green, un amico
miliardario che trascorre parte dell'anno sul Lionheart, uno yacht di 60 metri
e dal valore di 32 milioni di sterline, ancorato nella baia di Monaco.
"Quante barche ho comprato?" dice Sherwood "Non è il momento
migliore per rispondere".
Ma esiste anche un'altra potente molla: il dubbio. Può darsi
che all'85 di Broad Street domini l'arroganza, e in privato Blankfein ama
scherzare (ma non poi tanto) sul fatto che "ha raggiunto la
perfezione". Ma al di là di queste bravate lo staff della Goldman
s'interroga costantemente sulle proprie capacità. "C'è una profonda e
continua paranoia in tutto quello che facciamo" dice Sherwood. Ed è vero
per i risultati dei singoli ma anche per le prospettive della banca nel suo
assieme.
L'insicurezza è profondamente radicata nel sistema, e la
percepite prima ancora di essere assunti. La maggior parte dei candidati viene
intervistata almeno 20 volte, e in alcuni casi anche 30, prima di ricevere
un'offerta. Una volta assunto ciascun membro dello staff viene
ininterrottamente e costantemente sorvegliato dai suoi colleghi. C'è un metro
di giudizio per ogni aspetto delle prestazioni ottenute, e tutti vengono
misurati nel contesto della propria divisione e della struttura globale. Ogni
anno la divisione Human Capital Management (si noti il termine Capital; alla
Goldman la gente è denaro) posiziona ciascun dipendente in uno dei quattro
quartili. Quelli più in alto vengono doviziosamente premiati. Ma cosa ne è di
quelli più in basso? Chi li prende in considerazione? Non saranno in
circolazione ancora per molto: si è dentro o si è fuori. "Ogni anno
licenziamo il 3-5% del personale (all'incirca 1.500 persone) al livello più basso"
dice Richard Gnodde, 49 anni, corresponsabile delle operazioni in Europa,
basato a Londra.
Prendere gente del livello superiore, farla sentire come
appartenente al livello inferiore e infilarla in un gruppo che lavora
spasmodicamente ogni santa ora che Dio – pardon, Goldman – ci concede, è
importante, non c'è dubbio. Ma non è l'asso nella manica della banca. L'asso
nella manica è la sua straordinaria capacità di gestire una rete, la più grande
rete di talenti al mondo. A differenza di altre banche, i più capaci vengono
incoraggiati a darsi da fare, rastrellare tutti i soldi di cui potranno avere
bisogno in futuro e poi andarsene per "lavorare bene". La permanenza
media dei partner è di otto anni. "Non vi fate certo assumere per arrivare
alla pensione" dice un dipendente "Avete la vostra opportunità per
arricchirvi e poi per togliervi dai piedi". Ma "lavorare bene"
non significa gestire un ospedale a Kinshasa per lottare contro l'aids;
significa occupare i posti più importanti nelle istituzioni finanziarie, le
banche centrali e le borse di tutto il mondo. L'elenco di ex dirigenti della
Goldman che hanno occupato posti chiave nell'amministrazione statunitense e
negl'istituti più importanti di New York e di Washington lascia a bocca aperta:
Robert Rubin (segretario del tesoro all'epoca di Clinton), Hank Paulson
(segretario del tesoro all'epoca di George Bush), William Dudley e Stephen
Friedman (attuale presidente ed ex direttore generale della New York Federal
Reserve), Mark Patterson (capo dello staff del segretario del tesoro Timothy
Geithner), Joshua Bolten (capo dello staff all'epoca del presidente Bush),
Robert Hormats (consigliere economico del segretario di stato Hillary Clinton),
Gary Gensler (direttore dell'US Commodity Futures Trading Commission), Reuben
Jeffery /sottosgretario di stato per gli affari economici e agricoli all'epoca
di Bush), John Thain e Duncan Niederauer (il precedente e l'attuale capo della
New York Stock Exchange), Adam Storch (capo operativo alla Securities and
Exchange Commission). Inoltre Michael Paese, il nuovo responsabile della lobby
della Goldman a Washington, ha lavorato per Barney Frank, il congressista che
presiede l'House Financial Services Committee. Per vedere le cose nella giusta
luce, immaginate cose succederebbe se il cancelliere Alistair Darling e i suoi
principali consiglieri Mervyn King (governatore della Bank of England), Xavier
Rolet (capo della London Stock Exchange) e Hector Sants ( capo della Financial
Services Authority) avessero lavorato nella stessa banca prima di entrare nel
governo. Non c'è da stupirsi se uno dei soprannomi della Goldman è
"Government Sachs".
I critici dicono che avere amici ben piazzati fornisce alla
banca la forza vitale. I funzionari governativi che occupano posti chiave,
sostengono, discutono privatamente le politiche messe in atto più con la
Goldman che con le altre banche. Nel suo nuovo libro "Too Big to
Fail", Andrew Ross Sorkin descrive una riunione. Al momento di passare
dalla banca al ministero del tesoro statunitense, Paulson, il predecessore di
Blankfein, si era impegnato a non discutere con la Goldman, ma a giugno dello
scorso anno si era trovato a Mosca mentre il consiglio di direzione della
Goldman era a pranzo con Mikhail Gorbachev. Dato che si trattava di un
"evento sociale" i legali del ministero autorizzarono Paulson a
incontrare i suoi vecchi colleghi, che vennero gratificati con racconti sulla
sua permanenza al ministero e con previsioni sull'economia globale. Il
consiglio della Goldman gli chiese cosa ne pensasse della possibilità che
un'altra banca fallisse, come la Bear Stearns. Documenti resi pubblici
recentemente dimostrano che pochi mesi più tardi, quando, nel momento
culminante della crisi, quando Paulson stava lavorando al salvataggio dell'AIG,
il nome di Blankfein appare 24 volte in 6 giorni sul listato delle chiamate
telefoniche di Paulson. Le grandi banche, inclusa la Goldman, che possedevano
contratti assicurativi con l'AIG vennero rimborsate interamente, invece che con
60 cents a dollaro come avevano chiesto insistentemente i negoziatori dell'AIG,
lasciando intravedere la possibilità di un "accordo amichevole" tra
Paulson e Blankfein.
La Goldman respinge con forza l'idea che la presenza di
tanti ex dipendenti nei posti chiave del mondo politico le permetta di ricevere
un trattamento di favore. "Sono persone di estrema integrità" afferma
Sherwood, ma la riunione di Mosca e le trattative sull'AIG permettono di
dubitarne, per dirla in modo gentile.
Più tempo passate all'85 di Broad Street più vi convincete
che la Goldman sta sfruttando al meglio la globalizzazione. Nei settori
finanziario e governativo, dispone degli esperti migliori, più aperti e più
impegnati nel loro lavoro. Lo ammettono anche i critici, secondo i quali, però,
i ben oleati ingranaggi permettono loro di ottenere molto più del semplice
successo, cosa della quale la banca è poco propensa a parlare. Anche se sanno
gestire bene i rischi e sono capaci di uscire dai mercati al momento giusto, i
maghi della banca hanno la loro buona parte di colpa nel gonfiare le bolle
speculative - dot.com, azioni, immobiliare – e, continuano i critici, hanno
contribuito ad aumentarle con offerte azionarie ai grossi clienti e con la
commercializzazione di obbligazioni e azioni prima di fare marcia indietro.
I detrattori accusano inoltre le divisioni negoziazione e
investimenti di "giocare sulle due sponde" del mercato. La Goldman
negozia titoli per le grandi aziende e per i fondi pensione. Opera inoltre come
consulente per molte società di cui negozia i titoli. Ciò significa che sa
perfettamente quello che stanno facendo sul mercato. Diciamo che un investitore
contatta la Goldman e che vuole comprare nel mercato petrolifero: la banca può
fornire una previsione accurata di cosa probabilmente succederà, perché sa cosa
le aziende del settore sue clienti stanno facendo, proprio in base ai consigli
da lei forniti, e quali altri grandi investitori stanno operando. E questo
significa anche che la banca può condurre al meglio le sue stesse operazioni
petrolifere. I critici paragona la situazione a un grande casinò, nel quale la
casa conosce tutte le mani di ogni tavolo e usa l'informazione per arricchirsi
a spese di tutti i giocatori. La Goldman respinge le accuse di
"capitalismo da roulette": quante più informazioni sono nelle sue
mani, sostiene, tanto meglio può consigliare le società clienti e tanto meglio
può far coincidere le esigenze di compratori e venditori, ottenendo i migliori
prezzi del mercato. E nega con forza l'accusa di profittare delle informazioni
o di agire in maniera eticamente scorretta. Una insuperabile barriera tra
trader e consulenti impedisce qualsiasi conflitto d'interessi. Le regole sono
talmente severe che se un banchiere della divisione investimenti tentasse di
usare il suo pass elettronico per entrare in uno dei piani della divisione
trading, non solo si vedrebbe rifiutare l'accesso ma verrebbe convocato per
fornire spiegazioni.
Quale che sia la formula usata, una cosa è sicura: la
Goldman ha evitato la bolla creditizia e sta venendo fuori dalla crisi più
forte che mai. Le spoglie al vincitore. Ma molti non sono convinti che una
Goldman più forte e più furba sia necessariamente un bene. Vince Cable mette in
guardia: "Se c'è qualcosa che abbiamo imparato è che le banche dispongono
di un potere eccessivo sui consumatori e i governi. La Goldman Sachs non è mai
stata così potente, e questo dovrebbe allarmarci".
I leader mondiali e i responsabili finanziari stanno
cercando di mettere a punto piani per limitare la libertà d'azione di banche
come la Goldman e di definire un tetto per gli stipendi pagati ai dipendenti.
Non crederete certo che si tratti di una battaglia a gusto di Blankfein, con la
sua incrollabile fiducia nella purezza ed efficienza del mercato libero. Ma la
cosa divertente è che la sta combattendo, perché pensa che renderà l'attività
delle banche più sicura e permetterà alla Goldman di guadagnare ancora di più
in futuro.
"Gli orientamenti governativi elaborati fino ad oggi
vanno nella giusta direzione" sostiene. Pagare il personale in base alle
prestazioni e dare come bonus azioni vincolate e liquidi per garantire il
successo a lungo termine è "auspicabile ed è qualcosa che già
facciamo". "Ingordigia, ma a lungo termine"; è così che i
responsabili dell'istituto descrivono le politiche d'investimento e pagamento.
Blankfein sostiene le proposte per garantire una migliore capitalizzazione
delle banche. "Se prima non capivamo i limiti di un capitalismo scatenato,
adesso invece ne siamo coscienti. Ogni proposta per rendere il sistema migliore
e più sicuro è benvenuta". Avrebbe potuto aggiungere: solo, non imponete
tasse sui guadagni.
Per Blankfein, alla fine, tutto si riduce a una cosa:
trovare la migliore, più veloce e più sicura maniera di guadagnare soldi, poi
aggiungerci altri soldi, e condire il tutto con altri soldi. Non è interessato
a un'analisi della realtà ma solo a sostanziose entrate per i suoi clienti, la
sua banca, il suo personale, i suoi azionisti, e in ultima analisi, pensa, per
noi. La sua quasi religiosa devozione per il dogma finanziario si è esternata
in una secca dichiarazione proprio quando stavo per uscire da quell'edificio
anonimo e ritrovarmi immerso nel tramonto autunnale. Prima di andarmene gli ho
fatto una domanda per rispondere alla quale, in questo tempi agitati, tutti,
dal tipo in strada che vende panini al chili per 99 centesimi al
fantamiliardario re di Wall Street che lavora 30 piani più su, si sarebbero
fermati un attimo a riflettere, per poi magari fornire una risposta equivoca: è
possibile accumulare troppi soldi?
"È possibile essere troppo ambiziosi? È possibile avere
troppo successo?" sibila Blankfein "Non voglio che quelli che
lavorano in questa banca pensino di aver fatto tutto quello che era in loro
potere e se ne vadano in vacanza. Devo proteggere gl'interessi degli azionisti,
e ovviamente della Goldman: non voglio quindi porre un limite alla loro
ambizione, e mi risulta difficile pensare a un limite per i loro
guadagni".
Allora, affari come sempre, senza preoccuparsi della rabbia
della maggior parte della gente? Goldman Sachs, pilastro del libero mercato,
creatore di supercittadini, oggetto d'invidia e timori, continuerà a diventare
più ricca di Dio? Un rapido ghigno sulla faccia di Blankfein. Definitelo una
persona ricca e facoltosa che si burla della gente. Definitelo un perfido.
Definitelo come volete. Ma è solo, ci dice, un banchiere che "sta facendo
il lavoro di Dio".
Come accumulano i loro soldi
Può darsi che il nome Goldman Sachs non significhi gran cosa
per voi. Ma se intrattenete rapporti bancari con la HSBC, usate il gas per
cucinare, comprate via Ocado, guardate Grande Fratello, comprate i vostri capi
di abbigliamento da Gap, usate un sistema di navigazione satellitare TomTom, o
più semplicemente assaporate un panino al formaggio, allora la Goldman fa parte
della vostra vita.
La struttura, composta da tre divisioni, è una banca d'investimenti
che raccoglie capitali per i clienti e qualche volta investe fondi propri. Nel
Regno Unito ha raccolto capitali per la HSBC, Centrica (proprietaria di British
Gas), e Ocado, il sito della Waitrose per la vendita online di prodotti
alimentari, con un giro di affari annuo di oltre 400 milioni di sterline.
Ha aiutato a finanziare la Endemol, la società che ha creato
il grande Fratello, ed è il più importante investitore individuale di
Eurotunnel. Si è occupato di struttura azionaria per la TomTom e J Crew. È la
banca di Gap. Ha ristrutturato Premier Foods, uno dei cui rami è la fabbrica di
sottaceti Branston. La Goldman è anche una trading house; commercia materie
prime (ad esempio petrolio e oro), azioni e debiti societari. La terza
divisione si occupa di gestione patrimoniale. Gestisce beni per conto dei fondi
di pensione, le società di assicurazione e di patrimoni individuali. Guadagna
caricando pesanti spese (di solito il 2-4%) alle aziende e ai clienti che
assessora e di cui gestisce i patrimoni, o negoziando coi fondi propri,
attività tradizionale sin dagli inizi.
La banca venne fondata a New York nel 1869 da Marcus
Goldman, un ebreo immigrato dalla Bavaria, cui si associò più tardi il genero
Samuel Sachs. Esclusa dal chiuso mondo protestante dei trader di azioni e
obbligazioni, la Goldman si scavò una proficua, anche se poco esaltante,
nicchia comprando e vendendo titoli di credito a breve. Alla fine del secolo,
guidava il mercato dell'offerta primaria di azioni, compiendo i primi passi sul
mercato azionario di aziende blue-chip come la Sears e la Ford.
Avendo dovuto cominciare al di fuori del rassicurante mondo
di Wall Street, la Goldman assunse le persone più furbe e attive che le fu
possibile trovare, capaci di sfruttare le trappole del mercato, sottrarre
affari ai rivali e guadagnarsi l'appoggio di amici ben piazzati. Sotto la guida
di Sidney Weinberg, responsabile esecutivo dal 1930 al 1969, la banca trasformò
i migliori laureati in un gruppo ad-hoc capace di lavorare 24 ore al giorno per
i clienti.
Superlavoro, superstipendi, supertutto
La Goldman Sachs sarà pure una banca di Wall Street, ma il
suo ruolo e la sua influenza a Londra sono notevoli. Nell'ufficio di Fleet
Street, composto dalle antiche sedi di due giornali poi unificate, lavorano
circa 5.500 persone. I trader
siedono dove una volta le presse stampavano The Daily and Sunday Telegraph e
The Daily and Sunday Express. È la banca della City coi maggiori utili:
dal 2000 al 2008 i profitti per dipendente si sono aggirati sulle 181.000
sterline all'anno, e quest'anno lo stipendio medio dovrebbe arrivare alle
458.000 sterline. È uno dei principali contribuenti della City.
Quest'anno il cancelliere Alistair Darling si aspetta
d'incassare oltre 2 miliardi di sterline in tasse societarie, IVA e imposte.
Lo staff gode di generosi benefici. L'azienda ha un apposito
responsabile per essere sicura che gli ospiti possano mangiare e bere coi
partner della Goldman in perfetto stile e al riparo da occhi indiscreti. C'è
una sala di ginnastica, un'infermeria e un asilo. Ogni dipendente riceve
d'ufficio un'assicurazione sanitaria e può prendere un tassì ogni volta che lo
considera opportuno. La notte un serpente di tassì in attesa si snoda fin sul
retro dell'edificio.
L'ufficio londinese è gestito da Michael Sherwood (sopra) e
Richard Gnodde. Sherwood, conosciuto come Woody, è il duro. L'ex trader sembra
volersi rifare come modello al suo buon amico, il miliardario Sir Philip Green.
Parla rapidamente e senza perifrasi.
Come per Sir Philip, il suo sfacciato modo di condurre
affari permette di dare il meglio. Nel 2006 la British Airports Authority
chiese alla Goldman di studiare il modo migliore per respingere un'offerta di
acquisto ostile di Ferrovial, il gigante spagnolo della costruzione. La Goldman,
il cui team includeva Sherwood, rispose che una tattica avrebbe potuto essere
quelle di vendere la BAA alla stessa Goldman. La proposta indignò la BAA e
spinse Hank Paulson, all'epoca CEO della Goldman, a mandare un severo messaggio
che censurava i responsabili coinvolti. La lettera divenne nota come "the
spank from Hank".
Al contrario Gnodde è un banchiere d'investimento soave.
Sembra come se venisse fuori da un catalogo d'abbigliamento per uomo degli anni
'70. Rappresenta il guanto di velluto (o dovremmo dire cashmere?) che ricopre
il pugno di ferro di Woody. È conosciuto per aver consigliato il signore
dell'acciaio indiano Lakshmi Mittal nella sua offerta da 17 miliardi di
sterline per l'acquisizione del produttore europeo Arcelor.
Sherwood e Gnodde sono consigliati da eminenze grige, ad
esempio Lord (Brian) Griffiths, a suo tempo consigliere speciale di Margaret
Thatcher e responsabile dell'unità politica del primo ministro dal 1985 al 1990
e antico direttore della Bank of England. Si tratta di uno dei consiglieri
internazionali della banca, ma opera anche da consigliere spirituale. "Una
volta venne da me un dipendente; pensavo che volesse parlarmi della sua
carriera, ma in realtà era venuto a discutere l'etica bancaria. Fu una lunga
conversazione", ricorda Griffiths.
Cristiano impegnato e sostenitore del Lambeth Fund dell'arcivescovo
di Canterbury, Griffiths è un utile strumento di pubbliche relazioni. È stato
lui, ad esempio, a parlare il mese scorso in difesa dei superbonus. "Se
dicessimo che non ci saranno superbonus, o bonus dello stesso livello degli
anni scorsi, un sacco di aziende della City sposterebbero le loro operazioni in
Svizzera o in Medio oriente", ha proclamato nella St Paul’s Cathedral.
Ogni anno, nel periodo dei bonus, Sherwood e Gnodde invitano
lo staff a mantenere un profilo basso e a non ostentare la loro opulenza. Quasi
tutti lo fanno e investono i loro milioni in beni immobili, soprattutto in zone
esclusive di Kensington, Regent’s Park, Fulham, Notting Hill Gate, Chelsea,
Highgate e Hampstead. Per molti anni un partner, Julian Metherell, se ne è andato
allegramente in giro in una scassata Nissan Sunny rossa.
Ma non tutti i pezzi grossi della Goldman riescono ad
evitare la luce dei riflettori. Un intramontabile racconto degli anni d'oro
racconta che tre dirigenti londinesi, (Scott Mead, Jennifer Moses e suo marito,
Ron Beller) avevano una tale liquidità da non rendersi conto che un assistente,
Joyti De-Laurey, aveva alleggerito i loro conti correnti di oltre 4 milioni di
sterline.
I pezzi grossi della Goldman mandano i ragazzi alle stesse
scuole private, e se non amano quella nella loro zona, ne creano una. Mead è
stato il cofondatore di una scuola preparatoria a Notting Hill, con 200
studenti tra i 4 e i 14 anni. Anche le mogli dei funzionari della Goldman Sachs
adottano un profilo basso e si dedicano alle opere di carità.
Come negli USA, la banca è in stretto contatto col governo.
L'ex capo economista e partner, Gavyn Davies, è spostato con Sue Nye,
consigliere speciale di Gordon Brown. Ai tempi di Tony Blair, Davies divenne
direttore della BBC. Il suo successore alla Goldman come capo economista, David
Walton, aveva un posto nel Monetary Policy Committee della Bank of England.
Paul Deighton, che dirige il comitato organizzatore dei giochi olimpici di
Londra, era capo operazioni della Goldman.
La Goldman è un consulente bancario fondamentale del
governo. L'anno scorso Brown affidò alla banca la consulenza per la vendita
della Northern Rock.
Amici nei posti chiave. La rete politica della Goldman
Segretari del tesoro statunitense, capi del New York Stock
Exchange, consulenti della Casa Bianca e di Downing Street: chiunque abbiate in
mente ha lavorato per la Goldman Sachs. Ecco solo alcuni degli alti papaveri
della banca che hanno le mani in pasta nella politica mondiale
Sue Nye/Gordon Brown
Consigliere speciale di Gordon Brown, Nye è sposata con
Gavyn Davies, l'ex capo economista e partner della Goldman. All'epoca di Tony
Blair, Davies divenne presidente della BBC, carica dalla quale rassegnò le
dimissioni nel 2004, dopo il rapporto Hutton.
Robert Rubin/Bill Clinton
Rubin ha passato 26 anni alla Goldman prima di entrare
nell'amministrazione Clinton come consigliere economico. Ha lavorato come
segretario al tesoro per quattro anni dal 1995, e continua ad essere
consigliere del presidente Barack Obama
Hank Paulson/George Bush
Paulson è stato CEO della Goldman prima di divenire
segretario al tesoro USA. Nel momento culminante della crisi creditizia, quando
Paulson stava lavorando al salvataggio dell'AIG, il nome di Blankfein appare 24
volte in 6 giorni sul listato delle chiamate telefoniche di Paulson.
Larry Summers/Barack Obama
Summers, consigliere economico di Obama, non ha mai lavorato
direttamente per la Goldman, ma ha fatto parte del governo Clinton alle
dipendenze del suo mentore, Robert Rubin. La Goldman pagò 135.000 a Summers per
partecipare a una conferenza di un giorno nel 2008, prima dell'avvento di
Obama.
Sachs nella City
Michael Sherwood: vice presidente e corresponsabile
esecutivo della Goldman Sachs International. Conosciuto come Woody, è noto per
le sue capacità di trader. Nel 2008 il suo salario di base è stato di 415.000
sterline.
In un anno favorevole può ragionevolmente attendersi che i
bonus facciano lievitare la somma a un totale di circa 6.000.000 di sterline. È
uno dei due boss della sede di Londra.
Richard Gnodde: corresponsabile esecutivo della Goldman
Sachs International. Nel 2008 il suo salario è stato di 1,3 milioni di
sterline, probabilmente in parte sotto forma di bonus. Si ritiene che nel 2007
sia stato il direttore più pagato a Londra, con un totale di 11,7 milioni di
sterline. L'altro anno lo stipendio ha subito una riduzione del 90%.
Matthew Westerman: responsabile globale dei mercati dei
capitali. Nel 2009 i bonus dovrebbero permettergli di mettersi in tasca oltre 5
milioni di sterline. Ex banchiere della Rothschild, ha fatto le sue prove negli
anni '30 con le fluttuazioni dei mercati azionari in Europa. Nel 2000 è stato
assunto dalla Goldman Sachs per dirigere la nuova divisione affari europei.
Quest'anno ha partecipato alla raccolta di capitali societari, permettendo alla
Goldman di scremare lauti profitti. È quindi in lista per un sostanzioso bonus.
Yoel Zaoui: capo della banca europea d'investimenti. Nel
2009 incasserà probabilmente oltre 5 milioni di sterline. Dipendente fin dal
1988. Zaoui ha avuto un'ascesa fulminante, ottenendo l'ambita partnership in
soli 10 anni. Ha avuto spesso scontri verbali con Michael, il fratello maggiore
che ha ricoperto un ruolo equivalente nella banca concorrente Morgan Stanley.
Karen Cook: direttore della Goldman Sachs International e
presidente della Goldman Sachs Europe, nel 2009 il salario e i bonus di Cook
dovrebbero superare i 5 milioni di sterline. Madre di sei figli, è stata
corresponsabile della finanzia aziendale in UK presso la banca Schroders prima
di passare alla Goldman nel 1999. Ha partecipato in acquisizioni
multimiliardarie, ad esempio quella da 10,2 miliardi di sterline della Kraft. A
cura di Philip Beresford
La forza dei numeri
Nel 2007, Lloyd Blankfein, boss della Goldman Sachs, ha guadagnato
68 milioni di dollari, un vero primato per un CEO di Wall Street. Un buon
specialista d'investimenti può arrivare a 3,5 milioni all'anno, un buon trader
a 7-10 milioni, un membro del comitato di direzione a 12-15 milioni.
La Goldman non è la più grande banca al mondo. La ICBC, the
Industrial and Commercial Bank of China, ha un numero di dipendenti 11 volte
superiore, ma non è la più ricca. La HSBC ha 2,4 trilioni di dollari di beni
patrimoniali (la Goldman solo 1 trilione). E non è la più importante per
capitalizzazione di borsa. Vale 95 miliardi di dollari rispetto ai 201 della
201 HSBC. Ma è la più redditizia.
La Goldman ha il miglior rapporto dipendente/profitti di
qualsiasi concorrente: in media 222.000 dollari all'anno nel periodo 2000-2008.
Nello stesso periodo, la JP Morgan Chase, la più vicina rivale, ha avuto un
profitto annuo di 133.000 dollari per dipendente.
Nel secondo trimestre dell'anno in corso, i profitti della
Goldman hanno raggiunto la cifra record di 3,4 miliardi di dollari.
DI JOHN
ARLIDGE The Sunday Times
Titolo
originale: "I'm doing 'God's work'. Meet Mr Goldman Sachs "
Fonte:
http://www.timesonline.co.uk
sabato 19 novembre 2011
Stevia dolcificante naturale? L'UE da' l'ok
L'Unione Europea ha autorizzato il suo uso dopo un primo parere positivo da parte dell'Autorita' europea per la sicurezza alimentare
La Stevia è una pianta che proviene dal Sud America e che ha un'elevata presenza di saccarosio, proprio per questo può essere considerata un vero e proprio dolcificante naturale privo di calorie.
Questa pianta era già autorizzata in molti Paesi tra cui: Stati Uniti, Canada, Francia, Messico, Giappone, Corea, Taiwan, Cina, Russia, Australia, Argentina, Nuova Zelanda, Colombia, Perù, Paraguay, Uruguay, Brasile, Svizzera e Malesia. Ma non ancora in Europa.
Dopo un primo parere positivo da parte dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, ora anche l'Unione Europea ha dato l'ok, rendendo legale la coltivazione e l'utilizzo al posto dello zucchero.
I vantaggi legati all'uso di tale sostanza sono molteplici: non causa diabete, è del tutto privo di calorie, non altera il livello di zucchero nel sangue, non è tossico, non provoca carie e placca dentali e soprattutto è naturale e non contiene ingredienti artificiali. Niente a che vedere con il classico zucchero bianco che, molti non sanno, è tossico.
L'autorizzazione dell'UE entrerà in vigore a partire dal 2 dicembre sostituendo dolcificanti artificiali come l'aspartame. Aurelio Ceresoli, Presidente di Assobibe ha commentato: "L'approvazione all'uso di Stevia nell'Unione Europea permetterà al settore dei produttori di bevande di introdurre nuovi prodotti. Con questa opzione in più nella dolcificazione è verosimile prevedere una crescita ulteriore dei prodotti a basso o ridotto contenuto calorico, aiutando così i consumatori a gestire il loro intake calorico complessivo come parte di una dieta salutare e bilanciata".
Anche Coca-Cola Europe ha accolto favorevolmente la decisione della Commissione Europea di approvare l'uso della Stevia come edulcorante nei prodotti alimentari e nelle bevande. Secondo Coca Cola infatti tale decisione "apre la strada per offrire più bevande con un ottimo gusto e meno calorie"
sul canale chimica
domenica 17 aprile 2011
Scomposizione molecolare: mistero svelato

Quando i pazienti assumono una medicina in pillole, il flusso sanguigno assorbe le molecole attive attraverso l'intestino, e le molecole viaggiano per il corpo fino a raggiungere le loro cellule bersaglio. Ma gli esperti ci dicono che esse non dovrebbero rimanere all'interno del corpo per sempre. Gli enzimi aiutano a scomporre le molecole attive allo scopo di rendere possibile l'escrezione, "riordinando" così il processo.
Anche se il più delle volte e nella maggior parte dei casi il processo funziona, raramente come risultato si hanno delle varianti ossigenate che sono tossiche. Anche altre molecole potrebbero interferire con la normale funzione degli enzimi P450.
"I nostri calcoli hanno mostrato che il risultato del processo di trasferimento dell'ossigeno (ovvero a quale parte del destrometorfano si lega l'ossigeno) è influenzato da tre fattori", sottolinea il professor Harvey. "Il primo è il modo in cui la molecola entra nell'enzima ("docking"). Il secondo è la capacità intrinseca di ciascuna parte della molecola di accettare ossigeno. Il terzo è quanto ciascun processo di trasferimento dell'ossigeno in competizione è compatibile con la forma della tasca dell'enzima dove avviene la reazione", ha aggiunto.
"Mentre i primi due fattori erano già conosciuti, il terzo ancora non lo era. Questa scoperta può aiutare i chimici farmaceutici a progettare nuove molecole dei farmaci grazie a una migliore comprensione di come queste verranno scomposte all'interno del corpo".
Lo studio è stato supportato in parte dal progetto MODELLING CYPS ("QM/MM modelling of human cytochrome P450 isoforms"), che ha ricevuto una borsa intra-europea Marie Curie (EIF) del valore di quasi 161.000 euro nell'ambito del Sesto programma quadro (6° PQ) dell'UE.
Una scoperta importante che potrebbe portare allo sviluppo di farmaci nuovi e più efficaci.
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